venerdì 5 aprile 2013
-Cit.
“Caro André mio amato amore di mille anni fa, la bambina che ti ha dato
questa lettera si chiama Dira. Le ho detto di fartela leggere, appena
arrivato alla locanda, prima di lasciarti salire da me. Fino all’ultima
riga. Non cercare di mentirle. Con quella bambina non si può mentire.
Siediti, allora. E ascoltami. Non so come hai fatto a trovarmi. Questo è
un posto che quasi non esiste. E se chiedi della locanda Almayer, la
gente ti guarda sorpresa, e non sa. Se mio marito cercava un angolo di
mondo irraggiungibile, per la mia guarigione, l’ha trovato. Dio sa come
hai fatto a trovarlo anche tu. Ho ricevuto le tue lettere, e non è stato
facile leggerle. Si riaprono con dolore le ferite del ricordo. Se io
avessi continuato, qui, a desiderarti e ad aspettarti, quelle lettere
sarebbero state abbagliante felicità. Ma questo è un posto strano. La
realtà sfuma e tutto diventa memoria. Perfino tu, a poco a poco, hai
cessato di essere un desiderio e sei diventato un ricordo. Mi sono
arrivate le tue lettere come messaggi sopravvissuti a un mondo che non
esiste più. Io ti ho amato, André, e non saprei immaginare come si possa
amare di più. Avevo una vita, che mi rendeva felice, e ho lasciato che
andasse in pezzi pur di stare con te. Non ti ho amato per noia, o per
solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era
più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non è
abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce a
immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di
fermarti. Sapevo che lo avrebbe fatto lei. E lo ha fatto. E scoppiata
tutto d’un colpo. C’erano cocci ovunque, e tagliavano come lame. Poi
sono arrivata qui. E questo non è facile da spiegare. Mio marito
pensava fosse un posto dove guarire. Ma guarire è una parola troppo
piccola per ciò che succede qui. E semplice. Questo è un posto dove
prendi commiato da te stesso. Quello che sei ti scivola addosso, a poco
a poco. Sgusci via da tutto, paure, sentimenti, desideri: li
custodisci, come abiti smessi, nell’armadio di una sconosciuta saggezza,
e di un’insperata pace. Riesci a capirmi? Se riesci a capire tutto
questo, mi crederai quando ti dico che mi è impossibile pensare al
futuro. Non ho più occhi per vederlo. Io non ti seguirò, André. Non mi
ricostruirò nessuna vita, perché ho appena imparato ad esser la dimora
di quella che è stata la mia. E mi piace. Non voglio altro. C’è un
uomo, in questa locanda, che ha un buffo nome e studia dove finisce il
mare. In questi giorni, mentre ti aspettavo, gli ho raccontato di noi e
di come avessi paura del tuo arrivo e insieme voglia che tu arrivassi.
È un uomo buono e paziente. Mi stava ad ascoltare. E un giorno mi ha
detto: “Scrivetegli”. Lui dice che scrivere a qualcuno è l’unico modo
di aspettarlo senza farsi del male. E io ti ho scritto. Tutto quello che
ho dentro di me l’ho messo in questa lettera. Lui dice che tu capirai.
Dice che la leggerai, poi uscirai sulla spiaggia e camminando sulla
riva del mare ripenserai a tutto, e capirai. Durerà un’ora o un giorno;
non importa. Ma alla fine tornerai alla locanda. Lui dice che salirai le
scale, aprirai la mia porta e senza dirmi nulla mi prenderai fra le
braccia e mi bacerai. Lo so che sembra sciocco. Ma mi piacerebbe
succedesse davvero. E un bel modo di perdersi, perdersi uno nelle
braccia dell’altra. Niente potrà rubarmi il ricordo di quando, con tutta
me stessa, ero la tua Ann.”
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